Quali le domande di fronte alla tecnologia e alla Intelligenza Artificiale – Punto di vista della religione

Pubblichiamo il testo della relazione tenuta da Tiziano Tosolini il 23 ottobre 2023 presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma) nel corso di un seminario interno del Dipartimento di Filosofia.
Si tratta di un testo complesso che affronta il tema dell’Intelligenza artificiale da una prospettiva molto specifica evidenziando come l’intelligenza artificiale stia attraversando e interrogando in modo pervasivo tutti i campi del sapere e dell’esperienza umana chiedendo a ognuno di noi disponibilità all’ascolto, attenzione ai processi e alle trasformazioni in atto, studio, capacità di leggere significare l’orizzonte dentro cui stiamo entrando.

Ancora non sappiamo quale sviluppo papa Francesco darà al tema “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore” annunciato per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2024 e che avrà luogo il 12 maggio. In dicembre, poi, si pubblicherà il testo per la Giornata mondiale della pace intestato a “Intelligenza artificiale e pace”. Ormai questo tema ha fatto breccia nei discorsi della Chiesa e, più in generale, anche nei dibattiti con le altre religioni.

Ora, quali sono alcune delle domande filosofiche che mi sono sorte riguardo all’uso della tecnologia e dell’IA all’interno della religione?

▶   Se, come molti contendono, la tecnologia e l’IA, malgrado le profonde attrattive che stanno suscitando, danno soltanto la mera parvenza di sostituire l’uomo e la sua intelligenza (si afferma infatti che l’IA soltanto emuli l’intelligenza umana, ma sia incapace di un pensiero generativo indipendente), perché tante preoccupazioni e inquietudini?[1]

▶   Se, come qualcuno afferma, la tecnologia invade l’ambito del sociale, dell’economia, della politica e così via, ma niente può nella sfera della spiritualità in quanto la dimensione spirituale è troppo intima per essere toccata da una qualunque cyber-invenzione — secondo Jaron Lanier (informatico e saggista statunitense, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality di cui è considerato un pioniere): “Internet esiste per connettere l’un l’altra le persone. Connettere con il mistero dell’universo, però, neanche Internet riesce a farlo. Dio non ha un sito web (God doesn’t have a Web site)” —[2] perché allora dedicare del tempo ed energie a delle riflessioni che non intaccheranno la sfera religiosa?

Malgrado questi dubbi, credo che alcune domande in questo campo siano ineludibili, soprattutto se pensiamo all’IA non soltanto come ad un elemento isolato all’interno del panorama delle cosiddette “scienze evolute”, quanto piuttosto come parte di un sistema tecnologico integrato che, sotto l’ormai comune designazione di Transumanesimo,[3] intende utilizzare (oltre che l’IA) anche le novità apportate da altre scienze (soprattutto delle GRIN, ovvero Genetics, Robotics, Information technology, Nanotechnology) per realizzare il sogno di un essere umano potenziato (enhanced) sia dal punto di vista quantitativo (aumento misurabile delle prestazioni fisiche e cognitive) sia dal punto di vista qualitativo (innalzamento ed esaltazione dell’identità dell’uomo fino a oltrepassare le limitazioni biologiche in cui lo ha portato un’evoluzione — dimostratosi troppo lenta, incontrollabile e imprevedibile — per salvarlo o redimerlo dal suo corpo e dallo stigma della finitezza impresso in esso al fine di raggiungere uno stato di “semi-divinità”, Ray Kurzweil)[4]. Il passaggio dall’Homo sapiens, all’Homo technologicus imprimerà così anche una svolta spirituale e religiosa all’uomo?

Molti studiosi ritengono il Transumanesimo un vero e proprio movimento religioso il cui credo può essere sintetizzato in questi brevi assunti (a cui facciamo seguire i nostri interrogativi):

▶   nuova antropologia: la finitudine è l’autentica sciagura della condizione umana ed occorre modificarla. Come? Per esempio bloccando il processo di invecchiamento cellulare spostando indietro le lancette del nostro orologio biologico; oppure usando gli ultimi ritrovati della medicina di precisione per progettare corpi sempre più conformi ai nostri desideri e potenziare le nostre capacità fisiologiche; oppure ancora (e questo è il sogno di tutti i transumanisti) riuscire a raggiungere un’immortalità virtuale mediante la scansione delle informazioni contenute nel cervello, e il loro trasferimento su dei supporti diversi da quelli del corpo umano (ritenuto essere della “semplice gelatina”… di nuovo H. Moravec);

domanda: è senz’altro vero che da Socrate (che riteneva l’anima superiore al corpo, Alcibiade Maggiore,130de) a Platone (si pensi alla sua idea di corpo o sóma come tomba séma dell’anima, Cratilo, 400 c), a Cartesio (con la sua distinzione tra res cogitans e res extensa con la certezza della prima ottenuta mediante il cogito, Discorso sul metodo, cap. iv)… la corporeità viene ad essere svalutata rispetto all’immaterialità e immortalità dell’anima[5]. Tuttavia, da un punto di vista religioso, si potrebbe obiettare che “Il Verbo si fece carne”, ovvero che il corpo non è un elemento accidentale della nostra umanità, né tantomeno della storia della redenzione, ma il punto in cui si manifesta la nostra identità (san Tommaso direbbe: “La mia anima non è il mio io”)[6] la quale diventa partecipe di quella risurrezione che sconfigge la morte (si noti che il proprium della fede cristiana, non è l’immoralità dell’anima, ma la risurrezione della carne)[7]. Il Verbo si è incarnato, mentre per l’IA e i transumanisti ciò che forma la nostra identità sono i dati digitali o informatici, i codici binari e la loro virtuale circolazione. Irridendo la nostra corporeità e finitudine (che Cristo ha assunto su di sé senza rigettarle o eliminarle), non veniamo forse a privarci qualcosa di assolutamente essenziale per comprendere chi è il Figlio dell’uomo? E quindi anche chi noi effettivamente noi siamo[8].

▶   nuova escatologia: la salvezza (secolare) offerta dal transumano, proprio perché coincide con una trasformazione, un potenziamento e un miglioramento attuato dall’uomo per l’uomo, si propone anche di screditare ogni discorso che riponga la propria fede in quella che i transumanisti chiamano “redenzione passiva”, ovvero, l’inerte speranza che venga Qualcuno a salvarci dalla nostra condizione umana[9]. Una soteriologia adeguata ai tempi tecnologici odierni, invece, deve sviluppare una Teologia dell’IA con il compito di riflettere sulla nozione di theosis, ovvero sulla possibile deificazione dell’uomo raggiunta mediante lo sviluppo di una superintelligenza in grado non solo di eseguire compiti più veloci e accurati degli esseri umani, ma anche capace di svilupparsi e migliorarsi al di fuori del controllo dei suoi creatori (così da avverare finalmente, secondo Calvin Mercer, l’affermazione di sant’Atanasio: “Il Verbo si è fatto uomo perché noi diventassimo Dio”)[10].

domanda: Con questo tipo di premesse tecnologiche non si sta forse cercando di conquistare quell’obiettivo finale che riposa come in un subconscio nella storia dell’umanità, ovvero non tanto quello di costruire una Babele che finalmente scali e raggiunga il cielo detronizzando Dio, quanto piuttosto quella di riuscire a cibarci del secondo albero piantato nel Giardino dell’Eden, quello della “Vita” (Gen 2,9; 3,22.24). In che tipo di ambiente (o “paradiso”) ci introdurrebbe questo concetto di salvezza autodiretta e autoprodotta, dato che (forse) si saprà da che cosa si sarebbe salvati (dalla morte), ma non in vista di chi o di che cosa si vivrebbe in maniera immortale? L’IA riuscirà davvero ad eleminare definitivamente la morte? E il rifiuto di morire (o di non voler essere salvati a partire dalla nostra finitudine e temporalità), non sarebbe a questo punto (e in maniera del tutto paradossale) un andare contro la bontà di colui che ci ha creati? Infine, in che modo questa nuova escatologia modificherebbe la nozione di tempo, dato che presumibilmente, solo Colui che è eterno è da sempre, mentre l’immortale, avendo avuto un inizio ma non presumibilmente una fine, vivrebbe in un tempo comunque “cronologico”?

▶   nuova morale: I transumanisti, nei loro discorsi tecno-positivisti, affermano che la bontà morale debba essere associata a una efficiente biologia umana. Il comportamento immorale e aggressivo è perciò una questione di anatomia (ad es., danni alla corteccia prefrontale), di ormoni (ad es., la mancanza di ossitocina) e di genetica (ad es., un’anomalia nel mao-a)[11]. Se la scienza riuscisse a scoprire dove e come vengono prese le decisioni morali, si potrebbe influenzare direttamente il comportamento umano: la farmaceutica, gli impianti neurali, e la selezione genetica completerebbero l’educazione etica tradizionale attraverso il bio-potenziamento morale (Ingmar Persson) raggiungendo così stati di eccellenza etica di molto superiori a quelli odierni[12].

domanda: il comportamento morale, è davvero e soltanto una questione di reazioni chimiche o di anonime combinazioni genetiche? Le scelte etiche che riteniamo diano valore e guidino la nostra vita, sono semplici impulsi o reazioni predeterminate in cui la libertà (ovvero, l’autodeterminazione di fronte a possibilità alternative) non gioca alcun ruolo in quanto è ridotta a semplice illusione linguistica, ad “effetto di superficie”? Inoltre, chi sono coloro che sono designati a decidere quali e quanti siano i valori etici da “migliorare” per riformare l’“ordine morale” dell’uomo? Se, come alcuni aspirano, si riuscirà a brevettare una “pillola etica” che inibisca i comportamenti violenti e bellicosi, non si cederebbe alla tentazione di ricorrere a un sistema coercitivo affinché quella “pillola etica” sia assunta da tutti?

▶   Problema di rapporto con l’alterità: Le nuove tecnologie si propongono e ricercano innanzitutto un’immortalità personale, cioè una procrastinazione della propria esistenza mediante il tentativo di sopravvivere alla propria degenerazione fisica. Quasi del tutto assente da ogni discorso sull’IA è non tanto l’idea della sua applicazione in svariati campi dell’umano, ma quella che indaga sul suo utilizzo per l’instaurazione di un vero rapporto con gli altri. S. Turkle nel suo Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri (Codice Edizioni, Torino 2012) afferma ad esempio che nella loro percezione della vita online, del tempo e dello spazio “gli adolescenti di oggi non hanno meno bisogno dei loro predecessori di apprendere la capacità empatiche, di riflettere sui loro valori e sulle loro identità, e di gestire ed esprimere i propri sentimenti. Hanno bisogno di scoprire se stessi, di tempo per pensare. Ma la tecnologia, messa al servizio di comunicazione ininterrotta, velocità telegrafica e brevità, ha cambiato le regole del vivere umano.” Se c’è una dipendenza, per Turkle, non è dalla tecnologia, ma dalle abitudini mentali che la tecnologia ci consente di avere. Le macchine, che abbiamo inventato per farci risparmiare tempo con le loro applicazioni, se lo stanno riprendendo tutto, e forse ancora di più. Infatti, “Una volta che i computer ci hanno connessi gli uni agli altri, una volta cioè che ci siamo allacciati alla rete, non c’è stato più bisogno di tenere occupati i computer. Sono loro a tenere occupati noi. È come se fossimo diventati la loro APP killer, la loro applicazione vincente”[13].

domanda: Faremo sempre di più a meno degli altri (soprattutto di Dio), mentre saremo sempre di più dipendenti dalla tecnologia? Di fronte a una trascendenza che pare sprofondare in una pura immanenza, a quel solipsismo assoluto a cui sembra condurci la tecnologia, la religione o la spiritualità riusciranno ancora a trasmettere l’idea l’uomo può conservare la sua umanità solo al cospetto di Dio, nel senso che l’uomo staccato da Dio ha perduto non solo Dio, ma anche il senso del suo essere-uomo? E se davvero la tecnologia avrà la meglio sulle nostre abitudini mentali tanto da assoggettarle ai suoi bisogni e voleri, rimarrà ancora presente una “nostalgia del totalmente Altro”[14], un latente “desiderio di Infinito” nel cuore dell’uomo?

▶   Problema di verità ed esattezza: La tecnologia, l’IA, gli algoritmi sempre più precisi ed efficaci, ci stanno abituando ad un mondo in cui l’errore (o anche solo l’imprecisione) sono visti nel loro lato deficitario, incompleto, insicuro, negativo. Conta solo ciò che non sbaglia mai, ovvero ciò che è esatto, preciso, inconfutabile.

domanda: L’esattezza soppianterà ogni discorso di verità? La “ragione strumentale” (ovvero, quella che ragiona non tanto sull’utilità o meno del fine dal raggiungere, quanto piuttosto solo su quali mezzi adottare per raggiungere un qualcosa di tecnicamente valido), avrà la meglio e liquiderà ogni altri altro tipo di ragione e ragionamento?[15] Con la verità, non verrà meno anche la ricerca di quella “Verità” che, lungi dall’essere una definizione (che cos’è la verità?), è invece un invito ad un rapporto profondo ed esistenziale (e quindi non scientifico o metodologico) con Dio? Non si elimina così ogni fede (che, come evento, non è totalmente dipendente dall’uomo) per lasciar spazio solo ad un credere (che pare eliminare il mistero ritenendolo semplicemente un assurdo)? Non eliminiamo così ogni esperienza (con il suo carattere di imprevedibilità e di trasformazione che opera nell’uomo), per lasciare solo spazio all’esperimento e alla sua dimostrabilità, ovvero solo alla scienza (la quale è un’operazione oggettivante — nel senso che ciò che studia è oggetto di fronte alle teorie proposte dalla scienza — valida per tutti, da tutti riproducibile, ovunque, da chiunque, ottenendo sempre i medesimi risultati?).


NB: Vi sarebbero altre domande riguardanti il rapporto IA-Religione, soprattutto dal punto di vista applicativo-pastorale, che noi qui non prendiamo in esame. Ad esempio:

▶   C’è chi con l’IA ha provato a far chattare le persone con i santi (https://www.prega.org/);

▶  Altri chatbot sono predisposti a chattare con i nostri defunti (deadbot) utilizzando le loro “reliquie” digitali magari fornite da noi stessi (anche se è difficile credere che possano aiutare nell’elaborazione del lutto), cfr. ad es. https://projectdecember.net/;

▶   C’è chi ha fatto scrivere la propria omelia domenicale alla IA, ottenendo alterni risultati;

▶  Ci sono problemi suscitati dai chatbot dotati di affective computing (l’informatica affettiva che dicono animerà i robot destinati a prendersi cura di anziani, bambini, malati) che, una volta scaricato e personalizzato, diventa subito il tuo migliore amico (e, volendo, anche il tuo migliore padre spirituale). Si veda ad esempio il caso di una giovane madre newyorkese (Rosanna Ramos) che, usando Replika (https://replika.ai/) ha creato Eren Kartal, da lei stessa definito “il compagno ideale della mia vita”. Ora, poiché il marketing e la pubblicità hanno allenato i nostri immaginari a volere tutto perfetto, pare quasi inevitabile che gli umani diventino facilmente deludenti, complicati e ingestibili se paragonati alla tecnologia digitale che abbiamo tra le mani, che invece è seduttiva, efficiente ed efficace: perché allora non rivolgersi a un chatbot consenziente come Replika per creare un partner docile, gentile, accondiscendente e complice? Molti esperiti di comunicazione sociale (tra cui Fabio Pasqualetti, decano della Facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’Università Salesiana) hanno tuttavia affermato che questa soluzione è sintomo di un impoverimento totale — oltre che frutto di un narcisismo radicale dato che così facendo è come decidere di parlare con noi stessi per tutta la vita o, al contrario, di non desiderare di relazionarsi e di amare qualcuno che non sia noi stessi?

▶  Vi sono poi siti web che annunciano la nascita di nuove religioni. Si veda ad es.:

  • Il culto politico QAnon, che ha trovato in giro testi online anonimi noti come Qdrops. I seguaci di questo culto, hanno raccolto, rivisto e interpretato questi Qdrops come una sorta di nuova rivelazione. Per quanto ne sappiamo, tutti i Qdrops precedenti erano composti da esseri umani e vari networks hanno solo contribuito a diffondere questi testi online. Ma in futuro potremmo vedere il primo Culto e Religione della storia il cui testo è stato scritto da un’intelligenza non umana;
  • il culto chiamato “Chiesa dell’altrove”, fondato da Beppe Grillo e annunciato durante una delle tappe del suo ultimo spettacolo Io sono il peggiore. Come riporta SkyTg24, il comico avrebbe presentato il nuovo culto alla prima di Orvieto, dove ha annunciato: “Fondo la Chiesa dell’Altrove e andiamo tutti insieme alla conquista dell’8×1000. Ho già pronto lo statuto, già fatta l’associazione, c’è il sito” (consultabile in https://laltrove.org/).

Referenze

  1. Si noti, a questo riguardo, il famoso paradosso dell’informatico e ricercatore canadese Hans Moravec: “È relativamente facile fare in modo che i computer mostrino prestazioni di livello adulto nei test di intelligenza o nel giocare a dama, e difficile o impossibile dare loro le competenze di bambino di un anno quando si tratta di percezione e mobilità” in H. Moravec, Mind Children: The Future of Robot and Human Intelligence, Cambridge, Harvard University Press 1988, p. 15. Questo perché un sistema di IA può sembrare molto intelligente in un campo specifico, ma spesso questo è vero solo in apparenza. Ad esempio, se alleniamo un sistema di IA a riconoscere gatti in un’immagine, lo farà in modo molto preciso, quasi perfettamente, ma non avrà capito come è fatto un gatto. E quindi non saprà rispondere a nessuna domanda su questo tipo di animale. Analogamente, se lo alleniamo a tradurre dall’inglese all’italiano, lo saprà fare molto bene. Ma non saprà rispondere a domande sul significato delle frasi tradotte. Allo stato del suo attuale sviluppo, per l’IA è dunque molto difficile comprendere il significato di frasi complesse e di riferimenti tra parti diverse del testo: per questo non può sostenere un dialogo con una persona che non sia più lungo di un botta e risposta molto semplici. Ecco perché, secondo il logico e matematico inglese Alan Turing, chiedersi se un computer “pensi” è come chiedersi se un aereo “voli” o un sommergibile “nuoti”: questa domanda, cioè, è del tutto priva di senso. Che davvero avesse ragione Wittgenstein quando scrisse che “La filosofia è una battaglia contro l’incantamento del nostro intelletto per mezzo del nostro linguaggio”? in L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 109, Einaudi, Torino 1967, p. 67.

     

  2. J. Lanier, in J. Zaleski, “Cyberspirit”, in Yoga Journal, 1995, 19/2–3: p. 72.

     

  3. Il Transumanesimo è un’ideologia filosofico-scientifica che si propone di propiziare il passaggio dell’umanità a una condizione di vita superiore, affrancata dai vincoli delle sue condizioni biologiche. I transumanisti sottolineano soprattutto gli aspetti negativi della condizione umana: l’invecchiamento, la mortalità, il carattere limitato delle nostre capacità intellettuali, la facilità con cui siamo esposti alla malattia e al dolore, il difficile equilibrio delle nostre emozioni, l’esposizione a condizioni di sofferenza psicologica.

     

  4. Cit. in J. Garreau, Radical Evolution. The Promise and Perils of Enhancing Our Minds, Our Bodies – And What It Means to be Human, New York, Broadwat Books 2005, pp. 128–29. Si noti che questo libro descrive gli scenari futuri che potrebbero materializzarsi con l’avvento delle nuove tecnologie in termini di “gironi danteschi”. Come afferma l’autore: “Da questo cambiamento accelerato derivano almeno tre futuri alternativi… Il primo scenario è quello in cui, nelle prossime due generazioni, l’umanità sarà rapidamente sostituita da qualcosa di molto più grandioso di quella che è la sua natura frammentaria. È lo scenario del Paradiso. Il secondo è quello in cui, nei prossimi 25 anni circa, l’umanità incontrerà una fine catastrofica. È lo scenario dell’Inferno… Entrambi gli scenari sono plausibili e ciascuno di essi porterebbe alla fine della storia umana come la conosciamo, e anche abbastanza presto. Il terzo scenario è più complesso. È quello che potremmo definire lo scenario del Sopravvento. In questo scenario, il futuro non è predeterminato. È pieno di intoppi, inversioni di rotta, di cicli, che sono tutti il prodotto di esseri umani che si confrontano con i propri destini. In questo mondo, i nostri valori possono dare forma al nostro futuro. Abbiamo delle scelte, non siamo in balia di grandi forze. Possiamo avere la meglio”.

     

  5. L’uomo deve sconfiggere la “pesantezza del corpo, dove tutto è opacità, vincolo e necessità”, smettendo di accettare di “essere per sempre prigioniero di una forma corpora, biologica e anatomica che lo vincola” in A. Schiavone, Storia e destino, Einaudi, Torino 2008, pp. 56, 74–5.

     

  6. Sulla prima lettera ai Corinzi 924: “Anima mea non est ego”, sicché “l’anima è naturalmente unita al corpo, e si separa da esso contro la sua natura, sicché l’anima spogliata del corpo, finché resta senza il corpo, è imperfetta” in Ivi.

     

  7. Come sostiene R. Penna in Quale immortalità? Tipologie di sopravvivenza e origini cristiane, San Paolo Edizioni, 2017, pp. 144, 113: “Secondo l’antropologia biblica, che paradossalmente è più materialistica di quella greca, l’uomo non è soltanto anima ma anche corpo e quindi, se di immortalità si vuole parlare, questa deve investire l’uomo tutto intero, compresa la sua fisicità, sia pure sulla base di una sua trasformazione. Ma la trasformazione futura si radica nella identità attuale dell’uomo, cioè nel suo oggi storico, sicché l’inevitabile cambiamento non può avvenire al prezzo di una sua scomposizione ma mediante il coinvolgimento di tutto il suo essere. Ebbene, essendoci una continuità, è come dire che il futuro incomincia già adesso!… Alla base, comunque, c’è la convinzione che, contrariamente alle impostazioni orfico-gnostiche circa la caduta di un originale uomo perfetto il percorso non va dal più al meno ma al contrario e positivamente procede dal meno al più, dall’uomo terreno a quello celeste. La tesi è che in sostanza non si tratterà di un puro ritorno all’indietro come una ripresa delle origini, ma di un processo tutto rivolto in avanti verso la sorpresa di un futuro sostanzialmente inimmaginabile, tanto che solo Paolo impiega il sostantivo ‘immortalità’ paradossalmente a proposito non dell’anima, ma di ciò che è ‘mortale’ e cioè del corpo (‘Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?’, 1Cor 15,54).

     

  8. Il rimando è qui, ovviamente, all’uomo fatto a immagine di Dio (Gen 1,26–27 e 5,1–2), una somiglianza quest’ultima che si trasmette e prolunga anche nei discendenti di Adamo (“Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set”, 5,3). Tuttavia, occorre anche premettere una precisazione cristologica in quanto non solo “Cristo è immagine (icona) del Dio invisibile” (Col 1,15) ma noi, secondo san Paolo, siamo “predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29). Di più: “Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 3,18). Per inciso… tutto ciò significa che il nostro essere creati a immagine di Dio e il nostro essere conformi alla immagine del Figlio suo, inaugura una “analogia inversa”: se si vuole davvero sapere chi è l’uomo, non si deve partire dalle creature per giungere al Creatore (dal basso in alto: Sap 13,1-9, tema ripreso poi da san Paolo in Rm 1,18-25), ma, al contrario, occorre partire dal Creatore e da Gesù Cristo per capire le creature (dall’alto in basso).

     

  9. Su questo aspetto si veda T. Tosolini, A nostra immagine. Le religioni di fronte alle sfide del Transumanesimo, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2022.

     

  10. C. Mercer, “A Theological Assessment of Whole Brain Emulation: On the Path to Superintelligence” in T. Trothen e C. Mercer, Religion and Human Enhancement: Death, Values, and Morality, New York, Palgrave Macmillan 2017, pp. 89–104.

     

  11. Il mao-a (mono-ammino-ossidasi-A) è un gene in grado di produrre un enzima che agisce sulle sostanze chimiche dell’encefalo facendole funzionare negativamente e di conseguenza scatenando aggressività. Pare che esso sia il responsabile della produzione di sostanze chimiche che influenzano le persone a commettere atti criminali.

     

  12. I. Persson, J. Savulescu, Inadatti al futuro. L’esigenza di un potenziamento morale, Torino, Rosenberg & Sellier 2019.

     

  13. S. Turkle, Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice Edizioni, Torino 2012.

     

  14. Il riferimento è qui al libro-intervista di M. Horkheimer, La nostalgia del totalmente Altro, Queriniana, Brescia 1972.

     

  15. Come affermava Robert Oppenheimer, il fisico che contribuì alla creazione della bomba atomica: “Quando vedi qualcosa di tecnicamente valido, vai avanti e lo fai. Solo dopo discuti cosa farne”. Sappiamo tutti quello che ne hanno fatto.

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