Si è aperto oggi, a Perugia, il percorso che porterà decine di migliaia di persone a marciare, domenica 12 ottobre, sui passi di Aldo Capitini che inventò la marcia nel 1961, da Perugia ad Assisi per chiedere pace.
Stamattina, scendendo da Parma, ho scelto di attraversare, quasi in solitudine, l’appennino da Cesena alla valle del Tevere. L’autunno inizia a colorare i boschi nei dolci toni dell’ocra e del marrone e io mi sono fatto accompagnare dalle notizie su Gaza e Israele e che a ritmo continuo i radiogiornali mettevano in onda. E anche dall’inizio di un testo davvero stupendo di Baricco su Gaza, apparso oggi su substack e su cui mi riprometto di tornare nei prossimi giorni.
Poi, da Cesena, ho deciso che avevo il tempo per approfondire in modo disteso uno degli snodi cruciali di queste settimane e così ho ascoltato il lunghissimo podcast #273 di Tintoria in cui Daniele Tinti e Stefano Rapone hanno intervistato, per quasi due ore, Francesca Albanese. E tutta la sua sofferta umanità, la sua forza e le sue debolezza, la sua caparbietà e la profondità delle sue analisi.
E’ con questo sottofondo dolente – che mi ha ricordato moltissimo gli anni ’80 del secolo scorso con la lotta contro l’apartheid in Sud Africa, i boicottaggi, l’impegno civile – che sono giunto a Perugia.
Dove vengo ormai da anni, direi decenni, come coordinatore della rete delle scuole di pace e uomo di pace.
Via della viola 1

E’ qui, in via della Viola 1, che ha sede la fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, il coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani, la rete scuole di pace.
Un vecchio convento diventato casa delle associazioni che nel suo allegro disordine e nella sua concitazione mi ha accolto anche oggi con i sorrisi di Randa, l’organizzazione di Flavio, gli occhi di tanti ragazzi e tante ragazze impegnati a far si che tutto funzioni. E’ qui che rivedo Francesco, Marco, Amelia, Claudia, Manuela, Guido, Jean e tantissimi altri e altre con cui ho condiviso una vita.
L’Onu dei popoli
Da via della Viola, chiusa negli stretti vicoli delle città medioevale, in pochi passi si sale verso il centro dove sulla piazza si affaccia il Palazzo dei Priori e la Cattedrale.
E’ nella sala dei Notari del palazzo dei Priori, che ancora oggi è sede del municipio, che nel pomeriggio ha preso inizio l’8a Assemblea dell’Onu dei Popoli che per tre giorni vede incontrarsi persone di 100 paesi di tutto il mondo per contribuire, anche in questo momento difficile, alla costruzione di un mondo più giusto e pacifico, libero dalla guerra e dalla violenza, dall’oppressione, dalla povertà e dallo sfruttamento umano e ambientale. Uno straordinario esercizio di cittadinanza globale e di partecipazione democratica realizzato anche grazie agli enti locali che molti dei testimoni qui presenti hanno ospitato in questi giorni nelle loro città. Ed è così che incontro all’assemblea Michele Alinovi, presidente del Consiglio Comunale di Parma, e l’assessora alla pace Daria Jacopozzi. Avanguardie dei sindaci e dei rappresentanti delle amministrazioni locali che domenica affolleranno la Marcia.
Imagine all the people

In apertura Flavio Lotti ha ricordato che quando chiese ad Antonio Papisca di preparare l’appello per il primo incontro che si tenne nel 1992, Antonio esordì riportando le prime righe del preambolo della carta dell’ONU che così recita:
We the peoples of the United Nations determined to save succeeding generations from the scourge of war, which twice in our lifetime has brought untold sorrow …
Ecco: noi popoli delle Nazioni Unite, non noi governi, noi paesi, noi stati. NO: noi popoli.
L‘Onu è dei popoli, non degli stati.
E così la prima sessione ha preso avvio con l’Orchestra della pace “Aldo Capitini” dell’istituto comprensivo di Umbertide che ha dato voce e musica al tema di fondo di questi giorni: immagina tutte le persone vivere in pace – imagine all the people living in peace.
E ci vuole davvero tanta creatività ed immaginazione per dar corpo ai desideri di pace degli ospiti stranieri che si sono presentati brevemente all’inizio della sessione.
Vengono da Ucraina, Sahara occidentale, Amazzonia Colombiana, Senegal, Siria, Cuba, Colombia, Kenya, Sud Sudan, Rojava-Kurdistan, Guatemala, Palestina, Gaza, Israele, Algeria, Senegal.
Una teoria di volti e voci che davvero si fanno popolo, e popolo dell’Onu.
Un popolo a cui ha parlato Zakia Seddiki, dal Marocco, moglie dell’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio trucidato quasi 5 anni fa nel Kivu. Le sue sono state parole piene di speranza e di fiducia nel futuro: “Luca – dice Zakia – ha sempre sostenuto che non bisogna mai arrendersi perché anche un piccolo gesto può cambiare una vita, e cambiare una vita significa cambiare il mondo”.
L’ONU è sotto le macerie
“L’Onu è sotto le macerie di Gaza, di Kiev, di Aleppo”. Così ha esordito Marco Mascia: “siamo di fronte ad un colpo di stato contro l’Onu. Sono state violate impunemente tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani, non vengono rispettare le sentenze dei tribunali internazionali. Si pretende di fare la pace con la forza. Ma non esiste pace senza giustizia.” E pare di sentire riecheggiare e notizie che vengono da Sharm_el-Sheikh.
E allora che senso ha immaginare? Sognare.
Re-immaginare il nostro futuro assieme – ho detto in un breve intervento – è il titolo del fondamentale rapporto Unesco del 2021. Una scuola che non re-immagina, che non costruisce futuro, che non è laboratorio di futuro e casa della pace è una scuola inutile che nega il senso stesso dell’educazione che è sempre mettere al mondo un mondo insperato. Educazione è sempre terraformazione. E non c’è terraformazione senza immaginazione creativa.
Siamo sognatori?

E così, chiudendo la prima sessione dell’Onu dei Popoli, Flavio Lotti si è fermato sulla differenza tra sogno e illusione. La differenza sta nella nostra determinazione e nella nostra ferrea volontà a trasformare il sogno in realtà. Per questo accettiamo ben volentieri – ha detto – di essere chiamati sognatori.
Perché concretamente lavoriamo per rendere il sogno della pace, della giustizia e dei diritti in vita concreta per gli impoveriti, i violati, gli scarti dell’umanità.
Vogliamo essere segnatori.
Ed è con queste parole che mi riecheggiano in testa che mi avvio di nuovo lungo Via della Viola per raggiungere via Eugubina.
E come d’incanto, nelle viuzze strette e piene di inseriti artistici di Perugia, vedo una stupenda installazione su un alto muro di una casa. Stupenda.
I sogni nel cassetto fanno la muffa, recita l’installazione.
Ed è come se, nella fresca sera di Perugia, un refolo di speranza aggiungesse la sua forza alla determinazione degli uomini e delle donne che ho incontrato.
Uomini e donne che non vogliono tenere il sogno della pace nel cassetto.