Sharenting: quando condividere la vita dei figli diventa un rischio

Il termine sharenting, nato dall’unione di share (condividere) e parenting (essere genitori), indica l’abitudine diffusa di condividere online immagini, video e informazioni riguardanti i propri figli. Una pratica che, almeno in apparenza, sembra innocua: mostrare ai propri contatti momenti significativi della crescita dei bambini può apparire come un gesto naturale, quasi un’estensione digitale dell’album di famiglia. Tuttavia, la condivisione sui social non ha lo stesso carattere circoscritto di un ricordo privato: ciò che viene pubblicato online diventa potenzialmente accessibile a chiunque e tende a rimanere nel tempo, ben oltre le intenzioni iniziali di chi lo ha condiviso.

Da questo punto di vista, lo sharenting solleva questioni rilevanti legate alla tutela della privacy e alla sicurezza dei minori, ma anche al diritto di ogni bambino di costruire in autonomia la propria identità digitale. Pubblicare contenuti che li riguardano significa infatti definire, senza il loro consenso, un’immagine pubblica che potrà influenzare il modo in cui verranno percepiti dagli altri e, in prospettiva, anche la percezione che essi stessi avranno di sé.

Particolarmente problematico è il caso della condivisione di momenti di fragilità. Le piattaforme digitali, e in particolare quelle di intrattenimento come TikTok, sono costellate di video che ritraggono bambini in situazioni che agli adulti appaiono comiche o curiose, ma che per i diretti interessati hanno un valore emotivo ben diverso. Non di rado tali contenuti diventano virali e vengono trasformati in meme, diffusi a livello globale e sottratti al controllo delle famiglie. È lecito, e quasi obbligatorio, domandarsi con quali sentimenti quei bambini, una volta cresciuti, si confronteranno con la consapevolezza di essere stati oggetto di derisione pubblica in un momento di vulnerabilità. La dignità e il diritto all’immagine dei minori non dovrebbero mai essere sacrificati per scopi di intrattenimento.

Tutto ciò conduce a una riflessione più ampia: la condivisione di ricordi familiari sui social rischia di scivolare, anche inconsapevolmente, nella spettacolarizzazione della vita privata dei figli. La logica dei social network, che spinge a trasformare ogni esperienza in contenuto, porta con sé un rischio: considerare i bambini non più come soggetti da tutelare, ma come parte di una narrazione pubblica funzionale all’autopromozione o alla ricerca di consenso. È necessario ribadire che la tutela della loro riservatezza ha un valore incomparabilmente superiore rispetto a un numero maggiore di “like” o di visualizzazioni.

In questo senso, parlare di educazione digitale non significa soltanto preparare i giovani a un uso consapevole delle tecnologie. Significa prima di tutto interrogare gli adulti, genitori ed educatori, sul loro stesso comportamento online. La responsabilità è nelle mani di chi, per ruolo e per età, ha il compito di proteggere i minori e di garantire loro la possibilità di crescere liberi di scegliere, un domani, come raccontare se stessi nello spazio digitale. Evitare errori oggi significa prevenire conseguenze che, con il tempo, potrebbero rivelarsi profonde. Proteggere i figli nel presente, anche sul piano digitale, è un atto di cura che incide direttamente sulla qualità del loro futuro.

Il secondo programma nazionale, Patti digitali, è caratterizzato principalmente dall’impegno dei genitori che si uniscono per promuovere un uso più sano del digitale. La Regione intende promuovere la nascita e lo sviluppo di Patti digitali di comunità. Viene poi promossa una specifica formazione specialistica  per docenti innovativi. Docenti che di per sé già da almeno due anni dovrebbero aver iniziato a seguire la formazione per la transizione digitale promossa dal MIM con l dm 66.

Giovani e educazione digitale: altri articoli su Casco Open Magazine

Per approfondire sul tema dei giovani e dell’educazione digitale:

“Essere genitori nell’era digitale”: una guida pratica di Save the Childrenvedi link

Vademecum per il benessere e la sicurezza digitale di bambini e adolescenti – vedi link

Il piano operativo deliberato dalla regione Emilia Romagna – vedi link

L’attenzione contesa. Come il tempo schermo modifica l’infanzia. Presentazione del volume di Simone Lanzavedi link

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